Incipit, ossia l'inizio, nel mio caso, di un libro; quello che te lo fa "divorare" o abbandonare; quello che si fa ricordare quasi a memoria, come le poesie che ci insegnavano alle elementari.
Alcuni per me memorabili sono... chiaramente dello zio Hem.
Ecco il primo. (chi non ha mai voluto essere Robert Jordan?)
La copertina dell'edizione degli Oscar Mondadori, la collana economica che mi ha consentito di acquistare e leggere gli autori della narrativa americana, e non solo, del Novecento
Il mento poggiato sulle braccia incrociate, l'uomo era
disteso sulla terra bruna del bosco coperta d'aghi di pino.
Sulla sua testa il vento investiva, fischiando, le cime
degli alberi.
In quel punto il versante del monte si raddolciva ma un poco
più in giù precipitava ripido, e l'uomo poteva vedere la traccia nera della
strada incatramata che, serpeggiando, attraversava il valico.
Parallelo alla strada correva un torrente e giù, sulla
sponda del valico, l'uomo vedeva una ruota idraulica e l'acqua scrosciante
della chiusa, bianca sotto il sole estivo.
Quella è la segheria? l'uomo domandò.
Sì.
Non me la ricordavo.
E' stata costruita dopo che sei stato qui.
La vecchia ruota è molto più giù del valico.
L'uomo stese la carta militare in terra e la esaminò
attentamente.
Il vecchio guardava al disopra della sua spalla; era un
vecchio basso e robusto con un camiciotto nero da contadino, calzoni grigi,
duri che sembravano di latta, e ai piedi scarpe con suole di corda.
Stanco della salita, respirava faticosamente; teneva una
mano su uno dei due fagotti pesanti che avevano portati fin lassù.
Allora, di qui il ponte non si può vedere.
No disse il vecchio, siamo sul versante piano del valico,
qui il fiume scorre lento.
Più giù la strada si nasconde fra gli alberi e il terreno
precipita bruscamente in una gola profonda
Ora ricordo.
Il ponte passa su quella gola.
E dove sono le loro sentinelle? C'è un posto di guardia
nella segheria che si vede laggiù.
Il giovanotto che studiava la regione tirò fuori dalla tasca
della camicia di flanella cachi un binocolo, pulì le lenti col fazzoletto, mise
a fuoco gli oculari.
Ad un tratto le ruote della segheria apparvero chiarissime;
ora il giovanotto vedeva la panca di legno accanto alla porta, il mucchio
enorme di trucioli dietro il magazzino aperto dov'era la sega circolare e un
tratto del piano inclinato che sull'altra riva del fiume portava i tronchi giù
per la china.
Il nastro liscio del fiume appariva chiarissimo nel cerchio
delle lenti; sotto la chiusa, dove l'acqua cadendo si gonfiava arricciandosi,
la schiuma si sperdeva nel vento.
Non vedo sentinelle.
Dalla segheria esce del fumo disse il vecchio.
Ci sono anche dei panni stesi su una corda.
Li vedo anch'io, ma non vedo la sentinella.
Forse si è messa all'ombra disse il vecchio.
Laggiù a quest'ora fa caldo.
La sentinella si sarà messa all'ombra dall'altra parte.
Di qui non si può vedere.
Forse.
Il posto più vicino dov'è? Più in giù del ponte, nel casotto
del cantoniere, a cinque chilometri dal valico.
E quanti uomini ci sono qui? Il giovanotto accennava alla
segheria.
Forse quattro e un caporale.
E laggiù? Di più.
Saprò dirtelo.
E al ponte? Sempre due sentinelle, una ad ogni estremità.
Avremo bisogno di parecchi uomini disse il giovanotto.
Quanti puoi procurarmene? Quanti ne vuoi disse il vecchio.
Qui nei monti c'è molta gente.
Quanti? Più di cento, ma in piccole bande.
Quanti te ne serviranno? Te lo dirò quando avrò visto il
ponte.
Vuoi vederlo ora? No, ora voglio vedere il posto dove
nasconderemo la dinamite fino al momento buono; vorrei metterla in un posto
assolutamente sicuro, lontano dal ponte non più di mezz'ora se è possibile.
E' facile disse il vecchio.
Quando saremo arrivati là dove stiamo andando, vedrai che
fino al ponte è tutta discesa Ma ora dobbiamo fare ancora un poco di salita
seria.
Hai fame? Sì disse il giovanotto.
Ma mangeremo poi.
Tu come ti chiami? Non me lo ricordo più.
Averlo dimenticato gli sembro un cattivo presagio.
Anselmo rispose il vecchio, e sono di Barco de Avila.
Vieni, ti aiuto a mettere il sacco in spalla.
Il giovanotto, che era alto e magro, coi capelli biondi
pezzati dal sole in un viso cotto dal sole e dal vento, e portava una camicia
di flanella scolorita, pantaloni da contadino e scarpe con suola di corda, si
chinò, infilò il braccio in una delle cinghie e buttò con uno strattone il
sacco pesante sulla spalla.
Infilò poi l'altro braccio nella seconda cinghia ed
equilibrò il peso sulla schiena.
Il sudore della salita faticosa gli inzuppava ancora la
camicia.
Ora è a posto disse.
E di qui come si continua? Bisogna arrampicarsi disse
Anselmo.
Sudando, chini sotto il peso dei fagotti, i due uomini
ripresero ad arrampicarsi con energia nella pineta che copriva il monte.
Non si vedevano sentieri, i due salivano faticosamente
girando intorno alla montagna.
A un certo punto passarono un ruscello e il vecchio continuò
a salire andando diritto su per il ciglio del letto roccioso.
La salita diventò sempre più erta e difficile, finché gli
uomini si videro davanti una liscia parete di granito giù dalla quale l'acqua
sembrava precipitare bruscamente.
Ai piedi della parete il vecchio attese il giovanotto.
Come vai? Benissimo disse il giovanotto, ma sudava
abbondantemente e i muscoli delle cosce gli tremavano per lo sforzo della salita.
Aspettami qui, vado avanti ad avvertirli.
Non vorrai mica che ti sparino addosso, con quella roba sul
groppone.
Non scherziamo disse il giovanotto.
E' lontano? Vicinissimo.
Tu come ti chiami? Roberto rispose il giovanotto.
Si era tolto il sacco dalla schiena e lo stava posando con
precauzione tra due rocce sulla sponda del fiume.
Allora aspettami qui, Roberto.
Verrò a prenderti.
Bene disse il giovanotto.
Ma tu pensi di arrivare al ponte per questa strada, dimmi?
No, per andare al ponte prenderemo un'altra strada più corta e più comoda.
Non vorrei lasciare questa roba molto lontano dal ponte.
Vedrai.
Se il posto non ti piacerà ne sceglieremo un altro.
Vedremo disse il giovanotto.
Si sedé accanto ai sacchi e si mise a guardare il vecchio
che scalava la parete.
Non era un'arrampicata difficile e dal modo come trovava i
punti d'appoggio senza cercarli il giovanotto capì che il vecchio aveva scalato
quella parete più volte.
Ma quelli che stavano lassù si erano preoccupati di non
lasciar tracce.
Il giovanotto, che si chiamava Robert Jordan, aveva fame ed
era molto preoccupato.
Affamato era spesso, ma si preoccupava raramente perché non
dava importanza a quanto gli accadeva; sapeva per esperienza come fosse facile
circolare in tutta quella regione dietro il fronte nemico; quello che importava
era l'avere una buona guida, poi ci si poteva spostare dietro le linee ed anche
attraversarle.
Ciò che rende difficili le cose è dar importanza a quello
che può accadere se si è catturati; e il dover decidere di chi conviene
fidarsi.
Delle persone con cui si lavora bisogna fidarsi
completamente o non fidarsi affatto; e bisogna decidere se fidarsene o no.
Ma nulla di tutto questo preoccupava il giovanotto; c'era
dell'altro.
Anselmo era una brava
guida e conosceva benissimo le montagne.
Robert Jordan era da parte sua un buon camminatore e poiché
seguiva dall'alba il vecchio, sapeva benissimo che questi aveva anche più
resistenza di lui.
Per ora si fidava in tutto di Anselmo, tranne per il modo di
giudicare le cose.
Non aveva avuto ancora l'occasione di mettere alla prova il
cervello del vecchio e, del resto, la responsabilità di giudicare era sua.
No, Anselmo non lo preoccupava e il problema del ponte non
era più spinoso di tanti altri problemi.
Jordan sapeva come si fanno saltare i ponti di ogni genere;
ne aveva fatti saltare un'infinità, di ogni tipo e grandezza.
Ernest Hemingway "Per chi suona la campana"