martedì 6 luglio 2021

Incipit 3

Ancora l'inizio di un libro molto importante per me, "Isole nella corrente", dello "zio". Un libro postumo, il primo, che con le sue tre parti "Bimini", "Cuba", "In mare" avrebbe dovuto costituire una tetralogia con "Il Vecchio e il mare" ("Santiago story").
Come Robert Jordan e Richard Cantwell, Thomas Hudson, il protagonista di questo romanzo, rappresenta il tipico personaggio hemingwaiano; memorabile l'episodio dell' "incontro" di boxe sulla banchina, la scena, perché sembra proprio di vederla, dello squalo martello che attacca David (uno dei figli di Hudson) durante una nuotata in mare.

"La casa sorgeva sulla parte più alta della stretta lingua di terra tra la baia e il mare aperto. Aveva resistito a tre uragani ed era una costruzione solida come una nave. L'ombreggiavano alte palme da cocco piegate dagli alisei, e uscendo di casa dal lato dell'oceano potevi scendere per la scogliera, traversare la striscia di rena bianca ed entrare nella Corrente del Golfo. A guardarla in una giornata senza vento l'acqua della Corrente era blu scuro. Ma quando t'immergevi, sopra quella rena bianca e farinosa c'era solo la luce verde dell'acqua, e di ogni pesce grosso si vedeva l'ombra molto tempo prima che quello potesse raggiungere la spiaggia.

Era un bel posto sicuro per farci il bagno durante il giorno, ma non per nuotarci la notte. La notte i pescicani venivano quasi a riva, cacciando ai margini della Corrente, e dalla veranda superiore della casa, nel silenzio della notte, sentivi lo sguazzare dei pesci ai quali davano la caccia e, se andavi giù alla spiaggia, vedevi le scie fosforescenti che lasciavano nell'acqua. Di notte gli squali non avevano paura di niente e tutte le altre creature avevano paura di loro. Ma di giorno giravano al largo, distante dalla rena bianca e risplendente, e se si avvicinavano ne scorgevi l'ombra da lontano.

Là in quella casa viveva un uomo di nome Thomas Hudson, che era un buon pittore e passava lavorando là e sull'isola la maggior parte dell'anno. Quando si è vissuto abbastanza in quelle latitudini i cambiamenti di stagione vi assumono la stessa importanza che hanno in tutti gli altri posti della terra e Thomas Hudson, che amava quell'isola, non voleva perdervi né una primavera, né un'estate, né un solo autunno o inverno."


https://ilcolophon.it/isole-nella-corrente-50e88554fdc4
http://www.masedomani.com/2015/06/27/recensione-romanzo-isole-nella-corrente-di-ernest-hemingway/
https://claudiodimanao-libri.blogspot.com/2013/10/isole-nella-corrente-hemingway.html



giovedì 23 agosto 2018

23 agosto 1960

Fra le mille cose che avrei dovuto fare durante le vacanze estive, quella più piacevole per me è andare a cercare fra i cassetti dei comodini e gli scatoloni di mia madre e fare scansioni di vecchie fotografie.
Roba vècia, come disse giustamente mio cugino quando gli feci vedere quello che per me era un piccolo tesoro.
Tesoro di ricordi, di emozioni...
E proprio adesso mentre facevo scansioni, questa foto con un'annotazione sul retro "23.8.1960".
Foto scattata dallo zio Mario, di Brescia, quello bravo con le macchine fotografiche. Quello a cui chiesi nel 1973 quale modello di reflex acquistare come primo apparecchio. Questa foto di Massimo e me, attaccati al muro di casa mia, resta uno dei più bei ricordi della mia infanzia.
cinquantotto anni fa...


martedì 7 agosto 2018

Lo so, sono ripetitivo

Sarà che in questi anni i giorni un po' meno felici, in cui non sai cosa fare perchè tutto ti sembra vuoto e senza significato, sono più frequenti, oggi mi rifugio ancora in questa bella canzone di Paul Simon.
Qui riporto la bella traduzione di Lorenzo Masetti sul sito "Canzoni contro la guerra" 
https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=51673&lang=it
ed ecco il testo:
Molte sono le volte che mi sono sbagliato
E molte volte mi sono ritrovato disorientato
Sì, e spesso mi sono sentito abbandonato
e sicuramente maltrattato
Ma va tutto bene, tutto bene
Sono solo stanco fin nelle ossa
Tuttavia, non ti aspetti di essere
brillante e bon vivant
Così lontano da casa, così lontano da casa

E non conosco un'anima che non sia stata colpita
Non ho un amico che si senta a suo agio
Non conosco un sogno che non sia stato infranto
oppure messo in ginocchio
Ma va tutto bene, tutto bene
Abbiamo vissuto così bene così a lungo
Certo, quando penso alla strada
che stiamo percorrendo
Mi domando cos'è andato storto
Non posso farne a meno
mi domando cos'è andato storto

E ho sognato di morire
E ho sognato che la mia anima si sollevasse
inaspettatamente
E guardando in basso verso di me
sorridesse rassicurante
E ho sognato di volare
E da lassù in alto potevo vedere chiaramente
la Statua della Libertà
che navigava via sul mare
E ho sognato di volare

Veniamo sulla nave che chiamano Mayflower
Veniamo sulla nave che salpò per la Luna
Arriviamo nei momenti più incerti
e cantiamo una melodia americana
Ma va tutto bene, tutto bene
Non si può essere sempre baciati dalla fortuna
Però domani sarà un altro giorno di lavoro
E sto solo cercando di riposarmi un po'
questo è tutto, sto solo cercando di riposarmi un po'

martedì 24 luglio 2018

Incipit 2

Partirono due ore prima dell'alba, e dapprima non fu necessario spezzare il ghiaccio sul canale perché erano già passate altre barche. In ogni barca, al buio, in modo che lo si udiva ma senza vederlo, il barcaiolo stava ritto a poppa, col lungo remo. Il cacciatore era seduto su uno sgabello fissato al coperchio di una cassetta che conteneva la colazione e le cartucce, e i suoi due o tre fucili erano appoggiati al mucchio di stampi. In ogni barca, in un punto o nell'altro vi era un sacco con un paio di germani femmine vive, o un maschio e una femmina e su  ogni barca c'era una cane che si agitava tremando inquieto allo starnazzare d'ali delle anatre che passavano in volo nel buio.
Quattro barche risalivano il canale principale verso la grande laguna a nord. Una quinta barca era già svoltata in un canale laterale. La sesta barca svoltò ora verso sud in una laguna bassa, e non si udì frangersi d'acqua.
Era tutto ghiacciato, gelato di fresco durante il freddo improvviso della notte senza vento. Era flessibile come gomma e cedeva sotto la spinta del remo. Poi si spezzava di scatto come una lastra di vetro, ma la barca procedeva di poco.
"Dammi un remo" disse il cacciatore della sesta barca. Si alzò e si mise in equilibrio con cautela. Udiva le anatre passare nel buio e sentiva il cane puntare irrequieto. Verso nord udì il rumore del ghiaccio spezzato dalle altre barche,
"Stia attento" disse il barcaiolo dalla poppa. "Non rovesci la barca".
"Sono barcaiolo anch'io" disse il cacciatore.
Prese il lungo remo che il barcaiolo gli porgeva e lo capovolse per poterlo tenere per la pala. Stringendo la pala si sporse avanti e battè sul ghiaccio con l'impugnatura. Sentì il fondo saldo della laguna bassa, premette con tutto il proprio peso sulla cima della larga pala del remo, e stringendola con le due mani e prima premendo poi spingendo finchè l'impugnatura giunse all'altezza della poppa, guidò la barca avanti in modo da spezzare il ghiaccio. Quando la barca vi fu guidata dentro e sopra, il ghiaccio si spezzò come una lastra di vetro e da poppa il barcaiolo la spinse avanti nel passaggio aperto.
Dopo un po' il cacciatore, che lavorava sodo e senza interruzione e sudava negli abiti pesanti, chiese al barcaiolo: "Dov'è la botte?".
"Laggiù a sinistra. In mezzo alla prossima baia".
"Devo svoltare da quella parte?"
"Se vuole."
"Come, se voglio? sei tu che conosci l'acqua. C'è abbastanza acqua da arrivare laggiù?"
"La marea è bassa. Chi lo sa?"
"Se non ci spicciamo spunterà l'alba prima che si arrivi." Il barcaiolo non rispose.
E va bene, pezzo di bischero, pensò fra sé il cacciatore. Ci arriveremo. Ormai abbiamo fatto due terzi di strada, e se hai paura di far fatica a spaccare il ghiaccio per prendere le anatre, tanto peggio per te.
"Dacci dentro, bischero" disse in inglese.
"Cosa?" chiese il barcaiolo in italiano.
"Ho detto andiamo. Sta per far giorno". Spuntò l'alba prima che giungessero alla botte di doghe di quercia immersa nel fondo della laguna. Era circondata da un bordo di terra in pendenza nel quale erano stati piantati falasco e erba, e il cacciatore vi si calò dentro con cautela mentre i fili d'erba gelata gli si spezzavano sotto i piedi. Il barcaiolo prese dalla barca lo sgabello con la cassetta di cartucce e lo porse al cacciatore, che chinandosi lo posò sul fondo della grossa botte.
Il cacciatore, che indossava stivaloni alti fino alle reni e una vecchia giacca militare, con una toppa incomprensibile a tutti sulla manica sinistra, e con le tacche leggermente più chiare nei punti dove erano state tolte le stellette dai filetti, scese nella botte e il barcaiolo gli porse i due fucili.
"Di là dal fiume e tra gli alberi" lo zio Hem
(il solo titolo originale a me che non so l'inglese metteva i brividi: Across the River and Into the Trees

 un link per acquistare il libro
https://www.ibs.it/di-dal-fiume-tra-alberi-libro-ernest-hemingway/e/9788804670193

venerdì 6 luglio 2018

L'amore per sempre

Dal Corriere della Sera di oggi, questa bellissima storia d'amore.
Porta la moglie a guardare il mare
Complimenti a Giorgio Moffa che ha scattato la foto e raccolto questa testimonianza, ma anche un forte abbraccio e tanto affetto per il protagonista di questa storia. Finchè esistono persone così l'esistenza dell'uomo ha un significato. Grazie di esistere

Incipit 1

Incipit, ossia l'inizio, nel mio caso, di un libro; quello che te lo fa "divorare" o abbandonare; quello che si fa ricordare quasi a memoria, come le poesie che ci insegnavano alle elementari.
Alcuni per me memorabili sono... chiaramente dello zio Hem.
Ecco il primo. (chi non ha mai voluto essere Robert Jordan?)

La copertina dell'edizione degli Oscar Mondadori, la collana economica che mi ha consentito di acquistare e leggere gli autori della narrativa americana, e non solo,  del Novecento



Il mento poggiato sulle braccia incrociate, l'uomo era disteso sulla terra bruna del bosco coperta d'aghi di pino.

Sulla sua testa il vento investiva, fischiando, le cime degli alberi.
In quel punto il versante del monte si raddolciva ma un poco più in giù precipitava ripido, e l'uomo poteva vedere la traccia nera della strada incatramata che, serpeggiando, attraversava il valico.
Parallelo alla strada correva un torrente e giù, sulla sponda del valico, l'uomo vedeva una ruota idraulica e l'acqua scrosciante della chiusa, bianca sotto il sole estivo.
Quella è la segheria? l'uomo domandò.
Sì.
Non me la ricordavo.
E' stata costruita dopo che sei stato qui.
La vecchia ruota è molto più giù del valico.
L'uomo stese la carta militare in terra e la esaminò attentamente.
Il vecchio guardava al disopra della sua spalla; era un vecchio basso e robusto con un camiciotto nero da contadino, calzoni grigi, duri che sembravano di latta, e ai piedi scarpe con suole di corda.
Stanco della salita, respirava faticosamente; teneva una mano su uno dei due fagotti pesanti che avevano portati fin lassù.
Allora, di qui il ponte non si può vedere.
No disse il vecchio, siamo sul versante piano del valico, qui il fiume scorre lento.
Più giù la strada si nasconde fra gli alberi e il terreno precipita bruscamente in una gola profonda
Ora ricordo.
Il ponte passa su quella gola.
E dove sono le loro sentinelle? C'è un posto di guardia nella segheria che si vede laggiù.
Il giovanotto che studiava la regione tirò fuori dalla tasca della camicia di flanella cachi un binocolo, pulì le lenti col fazzoletto, mise a fuoco gli oculari.
Ad un tratto le ruote della segheria apparvero chiarissime; ora il giovanotto vedeva la panca di legno accanto alla porta, il mucchio enorme di trucioli dietro il magazzino aperto dov'era la sega circolare e un tratto del piano inclinato che sull'altra riva del fiume portava i tronchi giù per la china.
Il nastro liscio del fiume appariva chiarissimo nel cerchio delle lenti; sotto la chiusa, dove l'acqua cadendo si gonfiava arricciandosi, la schiuma si sperdeva nel vento.
Non vedo sentinelle.
Dalla segheria esce del fumo disse il vecchio.
Ci sono anche dei panni stesi su una corda.
Li vedo anch'io, ma non vedo la sentinella.
Forse si è messa all'ombra disse il vecchio.
Laggiù a quest'ora fa caldo.
La sentinella si sarà messa all'ombra dall'altra parte.
Di qui non si può vedere.
Forse.
Il posto più vicino dov'è? Più in giù del ponte, nel casotto del cantoniere, a cinque chilometri dal valico.
E quanti uomini ci sono qui? Il giovanotto accennava alla segheria.
Forse quattro e un caporale.
E laggiù? Di più.
Saprò dirtelo.
E al ponte? Sempre due sentinelle, una ad ogni estremità.
Avremo bisogno di parecchi uomini disse il giovanotto.
Quanti puoi procurarmene? Quanti ne vuoi disse il vecchio.
Qui nei monti c'è molta gente.
Quanti? Più di cento, ma in piccole bande.
Quanti te ne serviranno? Te lo dirò quando avrò visto il ponte.
Vuoi vederlo ora? No, ora voglio vedere il posto dove nasconderemo la dinamite fino al momento buono; vorrei metterla in un posto assolutamente sicuro, lontano dal ponte non più di mezz'ora se è possibile.
E' facile disse il vecchio.
Quando saremo arrivati là dove stiamo andando, vedrai che fino al ponte è tutta discesa Ma ora dobbiamo fare ancora un poco di salita seria.
Hai fame? Sì disse il giovanotto.
Ma mangeremo poi.
Tu come ti chiami? Non me lo ricordo più.
Averlo dimenticato gli sembro un cattivo presagio.
Anselmo rispose il vecchio, e sono di Barco de Avila.
Vieni, ti aiuto a mettere il sacco in spalla.
Il giovanotto, che era alto e magro, coi capelli biondi pezzati dal sole in un viso cotto dal sole e dal vento, e portava una camicia di flanella scolorita, pantaloni da contadino e scarpe con suola di corda, si chinò, infilò il braccio in una delle cinghie e buttò con uno strattone il sacco pesante sulla spalla.
Infilò poi l'altro braccio nella seconda cinghia ed equilibrò il peso sulla schiena.
Il sudore della salita faticosa gli inzuppava ancora la camicia.
Ora è a posto disse.
E di qui come si continua? Bisogna arrampicarsi disse Anselmo.
Sudando, chini sotto il peso dei fagotti, i due uomini ripresero ad arrampicarsi con energia nella pineta che copriva il monte.
Non si vedevano sentieri, i due salivano faticosamente girando intorno alla montagna.
A un certo punto passarono un ruscello e il vecchio continuò a salire andando diritto su per il ciglio del letto roccioso.
La salita diventò sempre più erta e difficile, finché gli uomini si videro davanti una liscia parete di granito giù dalla quale l'acqua sembrava precipitare bruscamente.
Ai piedi della parete il vecchio attese il giovanotto.
Come vai? Benissimo disse il giovanotto, ma sudava abbondantemente e i muscoli delle cosce gli tremavano per lo sforzo della salita.
Aspettami qui, vado avanti ad avvertirli.
Non vorrai mica che ti sparino addosso, con quella roba sul groppone.
Non scherziamo disse il giovanotto.
E' lontano? Vicinissimo.
Tu come ti chiami? Roberto rispose il giovanotto.
Si era tolto il sacco dalla schiena e lo stava posando con precauzione tra due rocce sulla sponda del fiume.
Allora aspettami qui, Roberto.
Verrò a prenderti.
Bene disse il giovanotto.
Ma tu pensi di arrivare al ponte per questa strada, dimmi? No, per andare al ponte prenderemo un'altra strada più corta e più comoda.
Non vorrei lasciare questa roba molto lontano dal ponte.
Vedrai.
Se il posto non ti piacerà ne sceglieremo un altro.
Vedremo disse il giovanotto.
Si sedé accanto ai sacchi e si mise a guardare il vecchio che scalava la parete.
Non era un'arrampicata difficile e dal modo come trovava i punti d'appoggio senza cercarli il giovanotto capì che il vecchio aveva scalato quella parete più volte.
Ma quelli che stavano lassù si erano preoccupati di non lasciar tracce.
Il giovanotto, che si chiamava Robert Jordan, aveva fame ed era molto preoccupato.
Affamato era spesso, ma si preoccupava raramente perché non dava importanza a quanto gli accadeva; sapeva per esperienza come fosse facile circolare in tutta quella regione dietro il fronte nemico; quello che importava era l'avere una buona guida, poi ci si poteva spostare dietro le linee ed anche attraversarle.
Ciò che rende difficili le cose è dar importanza a quello che può accadere se si è catturati; e il dover decidere di chi conviene fidarsi.
Delle persone con cui si lavora bisogna fidarsi completamente o non fidarsi affatto; e bisogna decidere se fidarsene o no.
Ma nulla di tutto questo preoccupava il giovanotto; c'era dell'altro.
 Anselmo era una brava guida e conosceva benissimo le montagne.
Robert Jordan era da parte sua un buon camminatore e poiché seguiva dall'alba il vecchio, sapeva benissimo che questi aveva anche più resistenza di lui.
Per ora si fidava in tutto di Anselmo, tranne per il modo di giudicare le cose.
Non aveva avuto ancora l'occasione di mettere alla prova il cervello del vecchio e, del resto, la responsabilità di giudicare era sua.
No, Anselmo non lo preoccupava e il problema del ponte non era più spinoso di tanti altri problemi.
Jordan sapeva come si fanno saltare i ponti di ogni genere; ne aveva fatti saltare un'infinità, di ogni tipo e grandezza.

                                                                                                  Ernest Hemingway "Per chi suona la campana"


domenica 1 aprile 2018